
È ufficiale: lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) verrà progressivamente dismesso. Lo ha confermato Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, annunciando che il governo intende puntare esclusivamente sulla CIE (Carta d’Identità Elettronica) come unico strumento di accesso ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione.
Quello di SPID, dunque, sarà un addio graduale. Nessuno stop improvviso, ma un percorso a tappe che porterà al superamento dell’attuale sistema di identità digitale, utilizzato da milioni di cittadini per accedere a servizi come INPS, Agenzia delle Entrate, sanità e bonus statali.
La motivazione? Razionalizzazione e centralizzazione. L’esecutivo punta a una gestione più omogenea e diretta dell’identità digitale, eliminando le frammentazioni tra i diversi provider privati dello SPID e affidando tutto alla CIE, già rilasciata dallo Stato e dotata di un chip elettronico che ne consente l’uso online.
Tuttavia, la transizione non sarà priva di sfide. Attualmente sono oltre 36 milioni gli italiani in possesso di SPID, mentre la CIE, sebbene in crescita, non ha ancora raggiunto la stessa diffusione. Restano poi da chiarire tempi, modalità e impatti per cittadini e imprese, molti dei quali hanno investito nella formazione e nell’adeguamento ai sistemi SPID.
Le associazioni di categoria e alcuni esperti del settore esprimono preoccupazione: «Un cambiamento così significativo richiede chiarezza e accompagnamento – commenta un rappresentante del settore digitale – altrimenti si rischia di creare disagi soprattutto tra le fasce meno digitalizzate della popolazione».
Il governo assicura che saranno previste misure per agevolare la transizione, ma intanto il dado è tratto: l’era dello SPID si avvia alla conclusione, lasciando spazio a un nuovo modello di identità digitale tutto incentrato sulla Carta d’Identità Elettronica.