
Un tempo bastava accendere la stampante, collegarla al computer e premere “Stampa”. Oggi, invece, quel gesto semplice si è trasformato in un percorso a ostacoli: cartucce non riconosciute, connessioni ballerine, aggiornamenti software che complicano anziché semplificare. La stampa domestica, anziché diventare più accessibile, si è trasformata in un rebus quotidiano.
Sempre più consumatori rinunciano a stampare in casa, preferendo rivolgersi a uffici o centri specializzati. Ma cosa è successo al mondo delle stampanti?
Dietro la crescente complessità si nascondono precise strategie industriali. I produttori vogliono mantenere il controllo totale sui dispositivi attraverso la connessione online e aggiornamenti software. Un esempio emblematico è quello di alcune stampanti che richiedono una registrazione online e una connessione costante per funzionare correttamente. Una pratica che solleva interrogativi su privacy, sicurezza e autonomia dell’utente, specialmente quando gli aggiornamenti disattivano funzioni o impediscono l’uso di cartucce compatibili.
Un tempo regnava la semplicità. Oggi, invece, gli utenti si trovano invischiati in veri e propri ecosistemi chiusi. Il blocco delle cartucce originali è una strategia commerciale che limita la libertà del consumatore e ne aumenta i costi. Esistono, fortunatamente, produttori più flessibili che offrono una maggiore libertà d’uso e non impongono vincoli così stringenti.
Ma non è finita qui. Un altro fronte critico riguarda gli abbonamenti software legati alle stampanti. È un tentativo di trasformare l’hardware in una fonte di guadagno ricorrente. Funzioni una volta gratuite diventano accessibili solo tramite sottoscrizioni, spesso poco trasparenti.
Il rischio? Che l’utente venga intrappolato in un sistema chiuso, costoso e difficile da abbandonare. Quando anche solo stampare un documento richiede la creazione di un account o l’attivazione di servizi, il confine tra innovazione e abuso commerciale diventa davvero sottile».